venerdì 13 novembre 2009

La Crisi del Centro-Sinistra

Giorgio Piga

Forse è un titolo banale quello che ho deciso di dare al seguente articolo; tuttavia, non trovo niente di meglio che riassuma in maniera così semplice ed efficace quella che è, appunto, la crisi del centrosinistra. Crisi che ha raggiunto il suo apice con la vittoria di Berlusconi alle elezioni del 2008 che, come ben sappiamo, hanno determinato l’uscita dal Parlamento delle frange della sinistra e della destra estrema. Tutto ciò ha portato ad una notevole semplificazione del sistema politico e, finalmente, ad una situazione in cui i piccoli partiti non sono più gli aghi fatali della bilancia del destino di una coalizione di governo (anche se, francamente, a pagare le spese di questo sono quasi sempre stati i governi di centrosinistra più che quelli di centrodestra, se escludiamo la caduta di Berlusconi, nel ’94, ad opera di Bossi).

Proprio qui sta una delle prime considerazioni da fare: per ben due volte, l’alleanza di centrosinistra capitanata da Romano Prodi ha avuto mandato di governare e dopo due anni, con una puntualità da fare invidia ad un orologio svizzero, è caduta. La prima volta grazie alla coerenza e lungimiranza politica del signor cashmere, alias Fausto Bertinotti, il quale, convinto che Prodi non avrebbe tutelato gli interessi dei lavoratori e poiché ci si accingeva a parlare di meritocrazia, questa sconosciuta, ha ben pensato di negare la fiducia al premier assieme a tutti i suoi adepti e di lasciare il paese in mano al signor B. La seconda volta ha provveduto la scempiaggine intellettuale dei senatori Rossi e Turigliatto, sempre Prc, in prima istanza e, in seconda istanza, ci si è messo il fermo e convinto ideale politico di Mastella che, fulminato un anno dopo sulla via di Arcore, ha deciso che il suo vero partito era il Pdl.

Non tanto la prima caduta di Prodi, quanto la seconda, hanno trascinato il centrosinistra in uno sfacelo che credo lascerà i segni per i prossimi quindici anni, mentre la sinistra radicale (che nel frattempo continua a dividersi poiché non ha imparato la lezione) è stata letteralmente annientata. Ovviamente, ciò ha comportato una batosta elettorale in parte arginata dalla creazione del Pd e dalla presenza di un leader più carismatico di Prodi, vale a dire Walter Veltroni, a cui va riconosciuto il merito di aver salvato il centrosinistra dall’implosione; consapevole del fatto che presentarsi alle elezioni con le solite, vecchie, trite e ritrite alleanze avrebbe significato una sconfitta di dimensioni epocali, ha rotto i ponti con l’ala estrema rappresentata da Pdci, Prc e Verdi con cui, si sa, i risultati ottenuti sono stati a dir poco terrificanti. Ma proprio qui sta un’altra considerazione: l’incapacità totale del partito di sostenere il suo segretario, nonostante la situazione fosse già abbastanza compromessa. Siccome pare che il detto “lupo perde pelo ma non il vizio” sia assolutamente vero, i dirigenti del Pd hanno continuato bellamente a litigare tra loro e ad attaccare il loro capo che, com’era prevedibile, non è stato in grado di tenere le redini della situazione e ha dovuto abbandonare la segreteria dopo le prima disfatte elettorali delle regionali.

Ora come ora, il Pd manca di una forza e di una coesione che siano in grado di contrapporsi alla potenza mediatica, prima ancora che politica, dell’Egoarca. E tale situazione sembra destinata a permanere, almeno sino a quando all’interno di esso rimarranno i “soliti noti” che, pur di non mollare la loro situazione di privilegio, paiono propensi a mandare tutto in malora senza porsi troppi interrogativi sulle conseguenze dei loro atti. Fino a quel momento, benché i risultati dell’affluenza delle primarie siano più che confortanti e facciano sperare in una rinnovata fiducia della gente, chi sarà indeciso se votare centrodestra o centrosinistra sarà molto riluttante a ridare fiducia a quest’ultima, visti i precedenti.

Più che mai il Partito Democratico necessita di quel rinnovamento tanto atteso, il solo che sia in grado di creare un’opposizione forte e con spiccato senso di identità, pur nel pluralismo delle idee e delle opinioni; dovrebbe operare, a mio avviso, una sorta di aufhebung, come diceva Hegel, che consenta il superamento della crisi e delle controversie ma che conservi, allo stesso tempo, quella che è la dialettica interna sfociando in una “sintesi”, sempre per citare Hegel, a patto che, ovviamente, porti alla nascita di obiettivi concreti e non alle solite lotte intestine; ma non basta. Il Pd dovrà anche riprendere quella vecchia abitudine che caratterizzava il centrosinistra o. perlomeno, il Pci: andare casa per casa a proporre le proprie idee politiche, ritrovando quel contatto con la gente che manca ormai da troppo tempo; ci si chiede come mai la Lega, foriera di meschinità ideologiche e populistiche, ottenga così ampio consenso e non si capisce che ciò è dovuto al fatto che politici comunali e regionali del partito, se così lo vogliamo definire, vanno a ricercare il dialogo con le persone comuni, vanno ad ascoltare i problemi direttamente alla loro radice, vanno a promettere (anche se poi il mantenere è tutt’altra storia). Ciò che l’opposizione dovrebbe perseguire è proprio questo, poiché pare abbia perso di vista la storia fondante da cui era partita ai tempi delle lotte di classe, storia che ha le sue fondamenta sulla vicinanza ai problemi veri del popolo, quelli più immediati e concreti.

Tuttavia, è doveroso dirlo, il Pd risulta, al momento, il più forte partito di sinistra d’Europa, avendo una base elettorale del 30 %, mentre nel resto dell’Unione schieramenti come quello tedesco arrivano appena al 23 %; oltretutto, essere contro Berlusconi significa anche essere contro un apparato mediatico che non ha eguali in altre nazioni, apparato che martella l’opinione pubblica in maniera incessante, assuefacendola e convincendola che, in fin dei conti, il fatto che il presidente del consiglio sia andato a letto con delle escort è solo chiacchiericcio inutile e poco interessante, se non falso e del tutto inverosimile. Sconfiggere tale sistema è arduo e complesso, soprattutto a causa delle difficoltà del partito e anche a causa di quello che oserei definire tratto dominante del centrosinistra: la capacità di dividersi e litigare nei momenti cruciali della storia ( la scissione di Livorno ne è un esempio lampante).

Ciononostante, spero con convinzione che sia capace di comprendere che, al momento, essere forti e coesi significa molto, essendoci in gioco il destino di un Paese intero, ancora nelle mani del signor B.

1 commento:

Sara ha detto...

Non sono d'accordo quando leggo che è stato un bene l'uscita di scena dell'estrema sinistra. Innanzitutto perché la sinistra è scomparsa e poi non è affatto vero che le grandi coalizioni sono libere dalle minacce dei singoli partiti, vedi il peso della lega nella coalizione del Pdl. Ma rifletto sulla sinistra! Secondo me Veltroni ha contribuito a consegnare il paese nelle mani di Berlusconi, non ha fatto nulla di rivoluzionario. La storia del voto utile al momento delle elezioni 2008 ha portato la dispersione dei voti, l'uscita dal parlamento della sinistra e la sconfitta elettorale del Pd. Infatti le persone di sinistra, legate all'ideologia e non certo ai volti si domandavano: votare contro Berlusconi o per la sinistra? E non, votare Pd o Sinistra e l'arcobaleno? Questo non discolpa la sinistra dai suoi errori, sono d'accordo sul fatto che questa non impara e persevera; siccome ha troppi voti non è un problema disperderli dividendosi e dividendosi.. Ma assolutamente non penso che Veltroni sia stato rivoluzionario pensando a una coalizione con le persone di sempre e con l'unica novità dell'assenza di Pci, Prc e Verdi. E poi parlare del Pd come un partito di forte opposizione mi sembra non rispondente al vero dal momento che quando si pensa all'opposizione viene in mente Di Pietro, che seppur in coalizione col Pd ha cavalcato l'onda e ha cercato di mantenere una sua identità. Credo che il Pd soffre dello stesso male delle coalizioni di Prodi, il dissapore tra le sue componenti. Di qui un invito! Le forze politiche e sociali dovrebbero unirsi attorno ai grandi temi, il lavoro, l'istruzione.. Ieri ero in piazza a Roma alla manifestazione della Cgil e ho pensato di fermarmi appena iniziato il corteo per rendermi conto dei numeri del malcontento: sono rimasta ferma un'ora e un quarto in attesa che il corteo sfilasse (i manifestanti venivano da tutta Italia, da Cuneo a Foggia..). Il dissenso è forte e di questo devono essere leader gli uomini e le donne di sinistra e di opposizione INSIEME, devono fare dei movimenti sociali delle battaglie parlamentari e non lasciare che questi muoiano come è stato per l'onda studentesca lo scorso anno.

Sara-redazione ripresaonline