sabato 27 marzo 2010

Perché Farò Scheda Nulla Alle Votazioni

Alessio Mazzucco

Andare a votare è un diritto inviolabile, un dovere sacro. Andrò. Ma quella scheda mai conoscerà la crocetta sul simbolo, né il nome della mia preferenza; vedrà scritto: "Dorme quello spirto guerrier ch'entro mi rugge". Retorica? No. Se proprio devo annullare la scheda, l'annullerò con stile. Perché annullare e non tapparsi il naso e votare il meno peggio, votare contro mr B., votare con la speranza di un mondo migliore, di una politica più positiva, di un cambiamento di cui possiamo tutti farci partecipi. Balle. Questo raccontano ogni elezioni, questo ci dicono. Eppure chi ha mai ascoltato discorsi davvero inerenti all'elezioni in proposito? Il 2008 era un referendum "Governo Prodi sì/no", il 2009 "Berlusconi sì/no", adesso "Berlusconi sei mitico/ vai a farti processare". Dico davvero.

Sono riusciti a farmi disinnamorare della politica. Amore direte voi? Be, perchè no? L'unica attività che ci permette di vivere in comunità, di essere solidali e uniti con il prossimo, d'aiutare il più debole, dare a tutti la possibilità di esprimersi, è la politica. Brutta cosa? Non mi pare. Eppure cosa ci propinano, cosa ci dicono? Siamo seri. Mi sono ritrovato, un paio di settimane fa, a partecipare alla presentazione di Tinto Brass come candidato Radicale in un locale milanese, poi, nella stessa sera, in una festa PD organizzata da un giovane candidato alle regionali. Cosa ci facevo lì? M'avevano attirato con l'idea di fare un po' di festa: sapeste cosa m'importa di un candidato regionale del PD, quel grande partito che dovrebbe essere il nostro centro-sinistra (dio ci salvi!). Detto questo che è accaduto? Be, nel primo il livello d'intellettualismo raggiunto è stato così nauseante che i Radicali hanno perso il mio voto (non sono radicale, ma tra tutti eran quelli che s'impegnavano di più); diciamo che la "filosofia sul culo" del signor Brass non mi ha fatto granché effetto. E non parliamo di un detto scrittore che ad un tratto si definisce "Anarchico fascista", seguito da una frase che pulsava forte nella mia testa e che gridava: "Ma cosa sta dicendo questo?". Nel secondo il livello di buonismo e cliché era piuttosto alto; musiche di sinistra con nessuno che ballava, battute politiche scontate e tristi, il volantino del giovane candidato che altro non permetteva di commentare se non: "Ragazzo mio, mettici un po' di palle perfavore o quelli della Lega ti mangiano, te l'assicuro". Ma chi sono io per parlare? Di sicuro un elettore, quindi posso esprimere liberamente la mia opinione.

Mi si dice che per portare il cambiamento bisogna far piccoli passi alla volta. Io non faccio molto, ma quando chi mi critica darà volantini autofinanziati al freddo, metterà in gioco il suo tempo, la sua faccia, altri impegni per un progetto politico, per un'idea, per una qualche lotta all'acqua di rose, allora mi potrà dire quale via per il cambiamento sarà la migliore. Non inganniamoci: solo quando ei sarà, siccome immobile, dato il mortal sospiro, solo allora potremo dire che possibilità di cambiamento s'apriranno davanti ai nostri occhi. Vere possibilità? Non credo. Alla fine, cosa è accaduto dopo Tangentopoli, il momento più catartico della Repubblica Italiana? Chi ha potuto si è riciclato, chi aveva i mezzi è sceso in campo, un sistema che doveva essere mondato si è rigenerato, e stavolta in modo più sottile. Quello è il cambiamento all'italiana.

Del resto, in un Paese dove il 30% dei lavoratori evade le tasse, una quantità di denaro pari al 5% del PIL gira nel circuito della corruzione, dove chi non riesce a prendere una certificazione, a passare un esame, va in un certo posto dove può pagarlo o sa che è più semplice, dove solo una frazione minima delle persone dichiara più di 100000 euri annui di reddito (mi pare intorno all'1%), dove i giornalisti si schierano, i magistrati vengono dichiarati comunisti, dove il Presidente della Repubblica viene tirato per la giacca prima dagli uni poi dagli altri, dove si mente sui dati in modo tanto palese che neanche il menzognero riesce a convincersi di quando dichiara, dove chi manifesta molto spesso non sa neanche perché lo stia facendo, dove le persone che credono nella politica, nel cambiamento vengono deluse di continuo, cosa si può sperare di un Paese così? Cosa si può sperare in un Paese dove parole, etichette e promesse vengon confuse in un calderone ribollente, vomitate su un pubblico attonito, dove prescrizione viene confusa con assoluzione, dove l'80% delle persone s'informa solo tramite una scatoletta magica detta comunemente televisione, dove chiunque può sparare ciò che vuole in qualsiasi momento senza un serio contraddittorio e una ferma opposizione?

Non so quanto questo giornale andrà avanti, sarò sincero con voi. Del resto, il vino buono viene prodotto laddove le vigne sono ben curate, i vitigni ben potati, il terreno ben fertilizzato. Se mai riusciremo a riprenderci, a ricominciare, sarò felice di scrivere ancora opinioni, riflessioni e brevi e incomplete analisi. Se tutto questo, invece, si spegnerà silenzioso, sono felice d'aver partecipato all'avventura breve di un solo anno, sicuro che mi mancherà. E questo è il mio saluto.

Che dire? Dopo tanto sfogo, forse qualcuno potrebbe dire: "E tu che faresti?". Non ho un programma, né un'idea completa su cosa si potrebbe fare in questo Paese. Rispondere alla domanda "Che fare?" del fu Silone mi troverebbe impreparato, troppo presuntuoso se tentassi una risposta. Posso dire solo "Onesti di tutt'Italia, unitevi".

lunedì 22 marzo 2010

Simul Stabunt, Simul Cadent: la bilancia commerciale ed il suo ruolo nella ripresa in Italia

Vincenzo Scrutinio

“Moriens tua mors ero.”
Martin Lutero


Nonostante la caduta del prodotto interno lordo si sia ormai arrestata la ripresa economica stenta a decollare: L’Italia è stata duramente colpita dalla recessione mondiale con una perdita in termini di Prodotto Interno Lordo nel 2009 del 4,8% del Pil come il Regno Unito e la Germania ed un po’ meglio del Giappone (-5,3%) ed i tassi di crescita per il 2010 e 2011 si prospettano piuttosto contenuti (+1,0% e 2011). Se tuttavia consideriamo anche il 2008 la situazione italiana è seconda solo a quella Giapponese per perdita cumulata di Pil con un tragico -6,44% per il paese del Sol Levante e del 5,8% per l’Italia. Vari elementi hanno contribuito a rendere questa recessione particolarmente dura per il nostro paese come il persistente basso livello di crescita nell’ultimo decennio che ha reso l’economia italiana particolarmente fragile a shock esterni. Tuttavia alcuni elementi rendono questa recessione unica ed in particolar modo la situazione, abbastanza anomala rispetto alle precedenti recessioni italiane, della bilancia commerciale.

La Recessione: uno sguardo d’insieme

L’economia italiana è stata colpita in vario modo durante la recessione globale: in questa sezione intendo riassumere alcuni elementi rilevanti riguardo ad alcune variabili macroeconomiche. In tale sede non mi aspetto di poter dare un quadro sufficientemente esaustivo delle caratteristiche della situazione attuale per cui rimando ai documenti citati per ulteriori approfondimenti [1].

In primo luogo partirei dall’economia reale ed in particolare dal settore industriale. Un osservazione dei dati in prospettiva storica ci consente di dire che l’impatto dell’attuale crisi supera di gran lunga quello di tutte le precedenti recessioni del dopoguerra. In base all’indice della produzione industriale della Banca d’Italia (Figura 2), l’attuale crisi a causato una diminuzione della produzione industriale estremamente marcata con un crollo dell’indice di ben 30 punti nel 2008 contro una diminuzione del medesimo di circa 10 punti durante la recessione del 1973 e di solo 5 punti nel 1993. A partire dalla fine del 2008 la situazione è iniziata a migliorare gradualmente con una leggera crescita dell’indice fino ad un livello di 88 punti a gennaio 2010 [2], che , per intenderci, era il livello del 1994-1995. Quindi, in più o meno due anni siamo tornati ai livelli produttivi di circa 15 anni fa. Tale collasso è stato causato da una contrazione della domanda aggregata mai vista prima. In primo luogo i consumi delle famiglie sia in termini di beni durevoli che non durevoli si sono contratti in modo consistente anche se in modo meno marcato rispetto alla recessione del 1993. La contrazione è stata particolarmente forte per quanto riguarda i consumi non durevoli e semidurevoli mentre per quanto riguarda i consumi di beni durevoli la recessione del 1993 mantiene per ora il suo primato negativo [3]. Questa dinamica riflette una diminuzione della ricchezza e del reddito delle famiglie. Come osservato nell’indagine del 2009 sulla ricchezza delle famiglie, infatti, la ricchezza netta delle famiglie è di diminuita nel corso del 2008 di circa 1,9 punti percentuali, per lo più a causa di forti perdite sulle attività finanziarie (-8,2%) ed in misura minore per un aumento delle passività [4]. La dinamica dei prezzi delle abitazioni (il cui valore costituisce circa l’80% della ricchezza delle famiglie) è stata negativa ma in modo fortunatamente più contenuto con una riduzione del valore degli immobili di circa lo 0,4% (-1,1% in termini procapite). A questi effetti sulla ricchezza vanno sommati gli effetti negativi sul reddito dovuti al forte aumento della disoccupazione che ha registrato un aumento di 2,4 punti percentuali rispetto al 2007 secondo dati Oecd [5]. L’impatto effettivo della crisi sull’occupazione potrebbe essere maggiore e tornare in linea con gli effetti mostrati nelle altre economie avanzate se si considerasse anche la cassa integrazione straordinaria. Qualora anche i soggetti che beneficiano di questa istituzione rientrassero nel conteggio l’aumento della disoccupazione sarebbe di circa 4 punti percentuali [6].

Nel corso del 2008 e del 2009 gli investimenti sono crollati, con una contrazione del 4% nel corso del 2008 e del 12% nel 2009. La situazione è in parte migliorata alla fine del 2009 ma i tassi di crescita rimangono ancora negativi (-3,8% per il IV trimestre 2009). La situazione in questo campo sembra non essere destinata a migliorare nel breve periodo se si considera che il clima di fiducia delle imprese si è enormemente deteriorato durante la crisi e il tasso di utilizzo della capacità produttiva [7] è sceso a circa il 77% nel 2008. Anche in presenza, quindi, di migliori aspettative sulla domanda di beni ci vorrà un po’ di tempo prima che questo porti a più occupazione ed investimenti.

Un discorso a parte merita la bilancia commerciale.

This time is different: La bilancia commerciale italiana nella crisi corrente

Se durante le recessioni del 1974 e del 1993 l’andamento delle esportazioni aveva sostenuto la crescita del Pil, con effetti positivi sulla domanda aggregata, la situazione attuale si presenta ben diversa. Come si può ben vedere dalla figura 3, la dinamica della bilancia commerciale era stata favorevole all’economia attuale durante la recessione del 1993, anche a causa del fatto che la crisi era stata alimentata da un attacco speculativo sulla Lira con una conseguente svalutazione (-30%). Tuttavia questo fenomeno non va considerato come un’anomalia ma, al contrario, la crescita delle esportazioni si è rivelata essere uno degli elementi chiave per la ripresa economica durante numerose recessioni nelle economie avanzate [8]. Una situazione di stress economico porta, infatti, come naturale conseguenza, un indebolimento delle prospettive economiche per il paese in esame, con un conseguente deprezzamento della sua valuta in regime di cambi flessibili. Tale fenomeno può essere rafforzato da dinamiche deflazionistiche che portano ad un ulteriore deprezzamento della valuta in termini reali. Nel caso attuale, tuttavia, la natura globale dell’attuale recessione non ha permesso alle esportazioni di sostenere l’attività economica ed il fatto che sembra difficile che i paesi investiti dalla crisi possano essere aiutati nel breve periodo da una crescita della domanda estera, contribuirà ad allungare i tempi della ripresa [9]. Il commercio mondiale si è ridotto in misura considerevole e, dopo una contrazione dei volumi del 12,3% nel 2009, ci si attende che torni a crescere lentamente con tassi di crescita pari a 5,8% nel 2010 e 6,3% nel 2011.

Per l’Italia la situazione è ancora peggiore se si considera che molti dei partner commerciali del paese si sono trovati al centro della crisi ed anche la loro ripresa sarà lenta. Se escludiamo gli Stati Uniti con una quota del 6% delle esportazioni italiane, i principali partner commerciali sono europei con molti di essi appartenenti all’area euro con Francia, Germania e Spagna in testa (Figura 3). Tutte queste economie cresceranno relativamente poco nei prossimi anni e questo provocherà un ulteriore ristagno delle nostre esportazioni. Le relazioni commerciali con le economie asiatiche, d’altro canto, sono poco rilevanti con la Cina che rappresenta solo il 2% del nostro mercato estero e l’India che non figura neanche tra i primi venti importatori. Considerando che le economie asiatiche saranno il motore della ripresa, possiamo comprendere quale grande occasione queste economie avrebbero potuto essere per l’economia italiana. In questa ottica sembra anche più facile spiegare la dinamica del saldo netto di bilancia commerciale durante l’attuale recessione.

Se il saldo commerciale con le economie extraeuropee è migliorato sia grazie ad una ripresa più dinamica sia grazie alla diminuzione del prezzo del petrolio, passato da 150 dollari al barile nell’autunno 2008 agli attuali 82, la situazione è invece peggiorata per quanto riguarda il saldo commerciale netto con le economie europee (figura 4). Il saldo della bilancia commerciale sta migliorando lentamente rispetto alle economie extraeuropee (il saldo del 2009 mantiene un segno negativo prevalentemente a causa del forte deficit registrato in gennaio) che mostrano una ripresa più dinamica ma questo effetto è più che compensato dal peggioramento che si registra nei confronti di alcune economie che stanno ancora affrontando gli effetti della crisi. In particolare il surplus commerciale con la Spagna (figura 5), ancora nel pieno della recessione, si è ridotto drasticamente nel 2009 (-57,75%), contribuendo in maniera decisiva al peggioramento della bilancia commerciale (45,29% del peggioramento può essere imputato direttamente alla dinamica del saldo commerciale con la Spagna).


La lezione della crisi

In conclusione si può dire che l’attuale crisi, a causa della sua natura globale, non ha permesso alle economie di sfruttare la leva della domanda estera per uscire dalla recessione. L’Italia si è trovata in una situazione particolarmente sfortunata: duramente colpita sul fronte interno non ha potuto sfruttare il motore asiatico per essere trainata fuori dalla recessione ed ha condiviso la sorte di alcuni dei suoi partner commerciali più sfortunati come la Spagna la cui crescita, prima osteggiata per l’aver insidiato la posizione in classifica dell’economia italiana, portava una notevole dose di benessere anche all’Italia attraverso l’export. Se l’alta esposizione alle economie europee è facilmente comprensibile facendo riferimento ad alcuni degli elementi base dell’economia internazionale, come il modello gravitazionale, e considerando il ruolo propulsivo che ha avuto la creazione del mercato unico europeo, l’eccessivo sbilanciamento sembra dimostrarsi una fonte di debolezza per l’economia italiana ed un freno alla crescita economica. Come Raghuram Rajan [10] ha affermato in una sua lecture all’Università Bocconi: “ La crescita mondiale sarà nei prossimi anni trainata dalle economie asiatiche i cui consumatori necessitano di beni che rispondano a bisogni diversi rispetto a quelli dei consumatori occidentali”. Le economie avanzate non possono permettersi di ignorare questo monito ed in particolar modo le economie “deboli” ed a vocazione esportatrice come l’Italia. Bisogna augurarsi che questo impegno si concretizzi in qualcosa di più dei salumi halal esportati nei paesi del Golfo.

Note

1. In molti casi si farà riferimento ai dati presenti in “Le principali recessioni italiane: un confronto retrospettivo” di Bassannetti, Cecioni et al. (2009), per uno sguardo riassuntivo sulla dinamica del Pil ed i contributi delle singole variabili macroeconomiche si veda la figura 1.
2. The Italian Economy in Brief (2010)
3. Bassannetti, Cecioni et al. Op. cit.
4. Supplemento a bollettino statistico della Banca d’Italia, “La ricchezza delle famiglie italiane 2008” (2009)
5. OECD (2010)
6. Boeri (2010)
7. Ovvero quanto della capacità produttiva viene effettivamente usato nella produzione di beni.
8. Si veda Haugh, Ollivaud et Turner (2009).
9. World Economic Outlook, April (2009)
10. Rajan (2009)

Riferimenti

Banca d’Italia, 2010, “The italian economy in Brief: Marzo”, Banca d’Italia, http://www.bancaditalia.it/statistiche/altre_pub/econ_it/2010/35_10/iteconom_35_eng.pdf

Banca d’Italia, 2009, “Supplemento statistico: La ricchezza delle famiglie italiane 2008”, Banca d’Italia, http://www.bancaditalia.it/statistiche/stat_mon_cred_fin/banc_fin/ricfamit/2009/suppl_67_09.pdf

Bassanetti A., Cecioni A., Nobili A. e Zevi G., 2009, “Le principali recessioni italiane: un confronto retrospettivo”, Banca d’Italia Occasional Paper, http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/quest_ecofin_2/qf_46/QEF_46.pdf

Boeri T., 2010, Introduzione all’incontro di “Economia e Società Aperta: Disoccupati e Precari: e se diventano una categoria?”, 15/3/2010

Haugh D., Ollivaud P. e Turner D., OECD, “The Macroeconomic Consequences of Banking Crises in OECD Countries”, OECD Working Paper N. 683, http://www.olis.oecd.org/olis/2009doc.nsf/LinkTo/NT00000DDE/$FILE/JT03260699.PDF

IMF, 2009, “World Economic Outlook, April 2009. Chapter 3, From Recession to Recovery: How Soon and How Strong?”, IMF World Economic Outlook, http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2009/01/

OECD, 2010, “OECD Harmonyzed Unemployement Rates News Release: Jannuary 2010”, http://www.oecd.org/dataoecd/20/21/44746304.pdf

Rajan Raghuram, 2009, The Global Credit Crisis: Causes and Consequences”, Lecture tenuta il 10/12/2009 in occasione del seminario FIN.TE.MA presso l’Università Bocconi.